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Salustri

I giorni di Salustri

 

Per Salustri il rapporto con la vita impone contemplazione, cura del dettaglio, tensione lirica. Se da una parte le situazioni compositive richiamano la nostalgia di coloratissimi sogni sensuali, è pur vero che il suo legame con la ragione delle cose è fortissimo, indissolubile. Da qui lo studio tecnico davvero ammirevole di prospettive, volumi e morbidezze carnali carezzate da luci sapientemente diffuse e dirette come in una scena teatrale. In questa pittura tutto è importante, tutto viene rivestito di una propria dignità estetica. Figure umane e nature non morte ma vivissime manifestano la medesima tensione energetica richiamando riflessione e puro pensiero, in ambientazioni seicentesche in cui è spontaneo accostarsi al mondo caravaggesco. E proprio al grande maestro milanese Salustri fa espresso riferimento con una sua opera di repertorio - ‘La buona ventura’ (1987) - in cui il tema della zingara suadente ed ambigua ritorna con una dovizia di particolari inquietanti evidenziati da una luce tagliente. A proposito delle caratterizzazioni dei suoi personaggi femminili, le pose sensuali si coniugano con quel velo di malinconico silenzio che conferisce all’insieme una connotazione intellettualistica, esistenziale, dove l’apparente erotismo è pretesto per un’indagine psicologica. Non c’è dunque il senso del peccato o l’inclinazione voyeuristica. Salustri non si preoccupa del possibile equivoco perché troppo intento al significato finale volto a rivelare quella verità della vita che è l’autentico fine della sua pittura. Nelle cucine, nei tinelli dell’artista il disordine spezza la stucchevole staticità in cui sovente precipitano le composizioni still-life. E qui, i particolari delle cose silenti nel quotidiano – rappresentate con assoluta maestria – e le atmosfere pulite narrano la storia di giorni forse normali, i giorni della nostra vita a contatto con quelle piccole dimensioni che ci vedono puntualmente distanti e distratti. Lo sguardo attento del pittore ci insegna a prendere appunti, a tenere in buon conto le infinite manifestazione del reale, perché nulla è così indegno da essere ignorato ma, al contrario, ogni cosa ha una sua destinazione, un suo motivo. Noi, dentro questa pittura vera che ferma l’istante e contraddice la vita che passa veloce, vorremmo fermarci per sempre a guardare questo incantante, privatissimo mondo antico e moderno. Ma il tempo è scaduto. E forse, con Salustri, abbiamo davvero sognato.

 

Giancarlo Bonomo



Trieste, febbraio 2008







Piero Salustri è nato a Roma dove vive e lavora. Dopo aver conseguito la maturità artistica, frequenta la facoltà di architettura. Dal 1981 al 1986 dipinge nello studio e sotto la guida diretta di Riccardo Tommasi Ferroni. Successivamente  si trasferisce per diversi periodi negli Stati Uniti ed in nord Europa ove studia, nei musei, la grande pittura del ‘500 e ‘600. Nel 1982 si aggiudica il 1° premio della Banca Mercantile di Firenze nella sezione riservata ai giovani emergenti ed espone a Palazzo Strozzi. Nel 1984 si aggiudica il 1° premio al concorso bandito dall’Accademia Nazionale di San Luca in Roma. Nel 1987 consegue il premio Duc de Valverde d’Ayala Valva nel Principato di Monaco. Al suo attivo numerose partecipazioni alle fiere di Bologna e Bari. Ha esposto alle gallerie ‘Leonardo’ in Roma e Pistoia ed alla galleria ‘La Gradiva’ in Roma. Ha partecipato alla mostra ‘Il museo dei musei’ in Palazzo Strozzi a Firenze, al Salone Italiano Arte Contemporanea (Firenze), al Museo Civico di Matera e ‘Deniarte’ (Roma). Hanno scritto di Salustri : Anselmetti, Bellonzi, Civello, Guzzi, Marini, Ragghianti, Rispoli, Simongini.
 

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