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MY IMMORTALS

Il tempo della vita

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Il tempo concesso. Breve per alcuni, relativamente lungo per altri. In ogni caso, troppo veloce appare il passaggio della vita. È incredibile, però, come molti uomini siano riusciti a concentrare ricerche trascendenti in un lampo. Poi, se ne sono andati. Penso a Giorgione, Mozart, Leopardi, Gnoli, Van Gogh, che non superarono la soglia dei quarant’anni. Destino, scelta inconscia, casus. Non lo sappiamo. Un nome che la mia mente spesso richiama è quello di Tommaso Cassai detto Masaccio (San Giovanni Valdarno, 1401–1428), l’uomo senza precedenti secondo la citazione del Longhi, il fondatore della pittura moderna d’azione che realizza con maggior vigore, nella vivezza del reale, gli schemi già proposti in ambiente romano da Pietro Cavallini ( nel Giudizio Universale di Santa Cecilia in Trastevere a Roma) ed in ambiente umbro da Giotto e Cimabue (cicli pittorici di Assisi). È stato, il suo, un tempo accelerato come se, nel presagio della fine, tutto dovesse accadere nell’immediato. Masaccio, persona ‘astrattissima e molto a caso’ lo definisce Vasari. Masaccio: semplice, intuitivo, potente, forse allievo e comunque collaboratore diretto di Masolino da Panicale (Panicale, 1383-1440), pittore sobrio e delicato, già affermatosi in precedenza con importanti commissioni.​

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Egli, nella sua breve parabola (muore infatti a 27 anni), sintetizza la cultura laica e scientifica con l’astrazione religiosa, in netta contrapposizione ai vecchi schemi greco-bizantini ed alla pittura gotica fino a Giotto ed i Lorenzetti. Applica i segreti della prospettiva architettonica appresi da Brunelleschi, genius dell’opera di Santa Maria del Fiore, e fa diventare protagonista l’uomo comune in scene che paiono di vita quotidiana. I Santi hanno sembianze ‘normali’, espressioni che rivelano i sentimenti della gente comune. La sua è religione della forma, autentica rinascita umana. Dal suo stile rivoluzionario, in stretta e fondamentale collaborazione con Masolino, con cui divide equamente il programma iconografico, in seguito completato da Filippino Lippi (Prato, 1457-1504), nascono gli affreschi della Cappella Brancacci (1424) a Santa Maria del Carmine in Firenze, la cosiddetta 'Scuola del mondo', già scampati ad un insidioso incendio nel 1771, che oggi si ammirano come un cosmorama di luci e colori miracolosamente vivi. L’umano spirito si rivitalizza. Finisce il Medioevo ed inizia la Rinascenza, l’epoca della luce della ragione. C’è l’idea dell’uomo vero, concreto, non legato a simboli, solennità e formalismi tipici del mondo bizantino e gotico. Nella ‘Distribuzione dei beni’, la figura di San Pietro avvolto in un manto giallo ocra, appare perfettamente ambientata fra i poveri che rappresentano l’umana sofferenza. La donna col bambino protende la mano in un gesto semplice e naturale. In un’altra sezione della cappella, compaiono le inquietanti figure ignude di Adamo ed Eva, i peccatori. Adamo nasconde il volto sconvolto da un orrendo rimorso, Eva si copre alla meglio le pudende. Sopra di loro, un arcangelo fiammeggiante, armato di spada, indica la via del mondo terreno, unico destino loro concesso. Intorno il paesaggio è desertico, quasi ad evidenziare tutta la solitudine del peccato. Il loro atto è compiuto, oramai, mentre anche Masaccio indica una nuova strada: quella della grande pittura moderna.

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