IDEAS
dove sorge il Sole
Il talento fa quello che può, il genio quello che vuole.
La cattiva educazione sentimentale è una dis-grazia ricevuta.
Inutile pensare agli Angeli. Nella dimensione sola del pensiero, gli Angeli non si manifesteranno mai.
Spesso mi capita di incontrare Bruno Almini, poeta dei fiori della vita e cantastorie. Riporto qui il suo consueto saluto ogni volta che mi incontra o mi sente al telefono. “Un interstellare cielo celestiale di gentile, cosmica, gioiosa, libera e tranquilla felicità in fiore... !!!”
Probabilmente farebbe molto prima a dire “ciao” e basta, ma per lui questo sarebbe irrituale, irrispettoso ed irriverente. Almini è fatto così...
I capponi di Renzo nei Promessi Sposi. E chi se li è dimenticati? Le povere bestiole a zampe legate con la testa in giù che Renzo portava in dono all'Azzeccagarbugli quale compenso per una consulenza legale. Le povere bestiole che, nella sventura, anziché far fronte comune si ingegnano a beccarsi fra loro. E, la famosa televisione gridata – autentico pollaio mediatico – ci mostra questo, in definitiva. Mi sembra un'eccellente metafora dell'animo umano quando si confronta con i travagli dell'esistenza. Anziché operare per la soluzione, trova sempre il pretesto per prendersela con qualcuno, accentuando così l'entità del problema.
Un Amore che chiede qualcosa in cambio non è mai vero amore. L'Arte che si prostituisce al mercato non può essere vera arte, ma semplice fenomeno di costume o tendenza modaiola per l'interesse dei baroni del mercato. Non confondiamo le cose. Mi piace citare Jean Dubuffet, il grande pittore francese: “La vera Arte è sempre là dove non la si attende, dove nessuno pensa a lei né pronuncia il suo nome.”
Dovremmo vivere ogni giorno come fosse nuovo, nella gioia semplicemente di esserci. Vivere la vita come fossimo al cinema da attori protagonisti. La Gioconda di Leonardo, nella sua enigmatica ed inafferrabile espressione vagamente androgina, è lo specchio paradigmatico di questa condizione dell'animo. E' questo il vero mistero di Leonardo e, forse, il suo supremo insegnamento. Egli rappresenta l'irrappresentabile, l'essere umano nel raggiungimento della propria consapevolezza.
Il resto, la letteratura fantastica fiorita (anzi sfiorita) intorno a lui e le tante congetture pseudo-esoteriche, sono solo superstizioni, fumisterie e chiacchiere per gonzi.
Se vogliamo capire il carattere di una persona, osserviamo come tratta coloro di cui non ha bisogno.
Ognuno dovrebbe costruirsi una vita che rispecchi la sua naturale inclinazione. Ogni albero, i suoi frutti. Perché se è vero che l'arte è lunga, è altrettanto vero che la vita è breve e non vale la pena vivere quella degli altri, secondo i loro consigli o aspettative. La pedagogia è forse la disciplina umanistica più importante. Pensiamo a quanti errori sono stati commessi nelle famiglie in nome della buona creanza, di quel che si deve o non si deve, del giusto e sbagliato. Se ci ostiniamo a voler essere ciò che non siamo, la natura prima o poi si ribellerà, condannandoci all'infelicità. Gesù diceva semplicemente: “Lasciate che i pargoli vengano a me e non glielo impedite...” . Una frase che va aldilà del mero significato religioso, naturalmente.
La vita è ciò che accade mentre siamo occupati a realizzare i nostri bei progetti. Siamo “altro” rispetto a ciò che pensiamo di essere o realizzare. Spesso costruiamo edifici senza scopo e situazioni senza senso. Ci attorniamo di cose inutili e coltiviamo pensieri inutili. Il bello è che impariamo a mentire così bene a noi stessi da convincerci di essere realizzati come uomini. Come dire... le tragedie degli uomini ridicoli.
Occupandomi d'arte contemporanea, mi imbatto molto spesso in orride installazioni o tele imbrattate appese alle pareti che magari vengono giudicate capolavori dagli addetti ai lavori, mercanti, critici o collezionisti che siano. Dentro di me, quando non monta lo sdegno per le cifre che vengono attribuite a quegli orrori dipinti, mi faccio delle grasse risate interiori. Poi, ritornato serio e composto, penso al potere di convincimento delle promozioni, delle televisioni, dei giornali che contribuiscono a formare una falsa coscienza collettiva che altera l'oggettività etica ed estetica del fenomeno. Per cui, i più si convincono che la luna è veramente dentro al pozzo e che quell'ottone che luccica è oro puro.
Molti artisti sono incompresi perché c'è poco o nulla da comprendere.
La Morte quando riesce a rendersi visibile in qualche figura diventa improvvisamente Vita...
Gillo Dorfles, il grande critico dell’arte, ha scritto recentemente un libro dal titolo “Horror pleni”, l’orrore del pieno, che si contrappone all’antico ‘horror vacui’, l’orrore del vuoto. Qui, il nostro denuncia l’invasione contemporanea di stimoli di ogni genere che ci trasforma in individui ipercinetici continuamente distratti ed in perenne mancanza di tempo. Già, il tempo. Perché si consuma così velocemente? Incontro sempre di più persone che dicono di alzarsi la mattina e di ritrovarsi già alla sera senza accorgersi di ciò che sta in mezzo che è, poi, la vita reale vissuta nell’azione del fare. Siamo troppo pieni di tutto, probabilmente. E ci portiamo dietro una marea di cose che non ci servono disperdendoci in continuazione, girando come trottole senza riferimento. Credo che coltivare troppi interessi contemporaneamente indebolisca lo spirito e sia, comunque, una condizione innaturale. Il nostro cervello analizza una cosa per volta e poi collega i dati acquisiti mediante le piste sinaptiche. Non ho mai visto nessuno leggere dieci libri allo stesso momento o guardare cinque o più televisori accesi. Ogni cosa deve avere il suo tempo necessario, semplicemente per essere compresa, meditata, vissuta. Pena l’implosione, come caldaie roventi prossime al tracollo.
È importante guardare la televisione, talvolta. Basta ricordarsi, però, di non accenderla, specie nelle fasce mattutine, pomeridiane e serali. Potremmo inciampare nel quaquaraqua dei reality. Meglio considerarla elemento di arredo. Belli quelli al plasma. Evviva il caminetto elettronico del duemila che, anziché unire, ipnotizza e divide le famiglie.
Molti mi chiedono come si legge un’opera d’arte. Puntualmente rispondo che l’arte ha le sue chiavi interpretative. Anzitutto bisogna stabilire se vi è una porta da aprire ed una serratura, ossia se quell’opera è arte. Per fare questo dobbiamo riflettere sui canoni stilistici, sul carattere innovativo, sulla realizzazione tecnica. Stabilito questo, si passa all’interpretazione. Si parte da un’analisi preiconografica, ossia lo studio di luce, spazio, forma e colore. Poi ad un’analisi iconografica, lo studio del soggetto proposto. Infine ai significati iconologici, ovvero lo studio dei simboli e di ciò che sta dietro ad un’opera. Dopo questo, partendo dal particolare, si arriva alla visione armonica dell’insieme, il cosiddetto carattere universale che, nel caso di un capolavoro, coinvolge tutti nei diversi piani di coscienza. Talvolta si procede, su quest’ultimo punto anche all’inverso: dalla visione generale ci si sofferma sul dettaglio particolare e si realizza una sintesi esplicativa dell’insieme. È il passaggio dal verum al certum. Va precisato che le opere d’arte si studiano assai poco sopra i libri e moltissimo in presa diretta, diremmo dal vivo, al fine di cogliere quel “quid” imponderabile che l’artista ha infuso nella manipolazione della materia. È l’energia, la vibrazione del colore, della tela, elementi questi che si colgono dopo l’esercizio di particolari facoltà intuitive ed ultrasensibili. Ma per arrivare a questo bisogna viaggiare e vedere molto. Poi, a complemento, anche studiare a tavolino i dati raccolti. Con entusiastica passione, serietà, impegno.
Non nego che a volte l’arte contemporanea mi procuri dei conati di vomito, sia quand’essa si rappresenta nelle truci installazioni del genio di turno che denuncia il classico bla bla del disagio sociale che nelle pitture dopolavoristiche dell’eterno apprendista privo di talento, che impasta e impasta un pane che non interesserà mai a nessuno, se non ai disgraziati parenti che chiamerà in casa per il vernissage domestico.
“Pensiamo perché
non sappiamo”
(Ezra Pound)
Il problema del futuro è che non è più quello di una volta, verrebbe da dire. Sarebbe il caso di considerare, allora, il presente infinito quale unica dimensione plausibile e consolatoria. Basta solo comprenderla.
“Il sole è nuovo ogni giorno”
(Eraclito)
“Chi dice la verità prima o poi
viene scoperto”
(O.Wilde)
In un certo senso, i grandi artisti sono tali perché vivono prima la vita e poi la morte, allo stesso modo.
L’impossibile piace a tutti. E Leonardo lo sapeva.
“Quando l’Intelligenza è perfetta
non pensi più”
(Osho)
Molti critici tromboni e storici dell’arte sanno propinare con metodo sciroppi di anestetici vaniloqui, nella considerazione che il popolo sia sempre bue ed illetterato. Il miglior modo per allontanare il pubblico dalle opere d’arte è quello di parlarne come un’astrazione fuori dal tempo della vita, con muffite terminologie accademiche che nessuno adopererebbe mai nel quotidiano, al supermercato o nella cucina della propria casa.
Non si può essere felici a Pasqua senza la Resurrezione. Almeno credo.
“Muore lentamente
chi non legge”
(Pablo Neruda)
Molti artisti pensano di fare cose chic. Invece provocano solo shock. A loro, tributo la mia attiva indifferenza.
Il critico, per certi versi, dovrebbe essere il guardiano del sogno della pittura. Dovrebbe descriverlo e renderlo vivo, non crearlo laddove il sogno stesso non sia.
L’anima è rivolta all’Essere. Non sa che farsene del nostro ben-essere.
Il nostro cervello è costituito da cento miliardi di neuroni in collegamento fra loro. Noi utilizziamo circa il 10% di questo patrimonio. Sarebbe come se una Ferrari andasse a 30 km orari su una strada a quattro corsie priva di traffico nel deserto infinito dell’Arizona. Ognuno di questi neuroni può sviluppare, secondo le ultime ricerche nel campo delle neuroscienze, circa un migliaio di collegamenti diversi. Quindi: centomila miliardi di collegamenti che possono creare un numero pressoché infinito di combinazioni. Basti pensare quante parole si possono ricavare dalle lettere dell’alfabeto, o quanti numeri dalle dieci cifre. Ecco, le combinazioni sono incalcolabili. Significa che dentro abbiamo un universo le cui stelle sono le cellule che comunicano fra loro non con bagliori ma con impulsi elettrici.
Mi hanno appena detto che la televisione è un’arma di DISTRAZIONE di massa. I sociologi parlano di cretinizzazione collettiva. Ottimo neologismo.
Soggettivamente, esiste qualsiasi cosa uno crede.
“Penso dove non sono,
dunque sono dove non penso"
(Lacan)
A volte mi piacerebbe rappresentare l’antipensiero nel controtempo. Detto in parole umanamente comprensibili, vorrei esercitare l’intelligenza da sé e di per sé senza l’appoggio coatto di un pensiero per forza organizzato. Questo, aldilà del tempo, in una dimensione indistruttibile. Mi fa invidia il mio corpo, ad esempio. Sa sempre quello che deve fare. Il cuore sa quando deve battere, il fegato quando elaborare le sue cinquemila funzioni diverse, e così via. E nessuno pensa o gli consiglia nulla.
Senza il Tale ed il Quale il mondo sarebbe tale e quale.
Piccolo problema teologico, filosofico e scientifico: cosa sarei senza di me, ovvero se non fossi uomo?
In Inghilterra dicono che è molto difficile insegnare un NUOVO gioco ad un VECCHIO cane. Sono d’accordo.
Pochi sanno che Michelangelo, dopo aver dipinto la volta della Cappella Sistina a “cervice riversa” come scrisse Vasari, ossia disteso su un’impalcatura per ben sette anni, alla fine non riusciva più a leggere stando seduto. Ecco dove può arrivare la passione di un uomo.
Quando guardo un quadro mi piace parlare di cose che so, attingendo alle mie modeste conoscenze ma, ancor di più, di quelle che non pensavo di sapere, attingendo alle mie personali intuizioni che hanno tanto più valore quanto sono oggettive e non soggettive.
Quello che fai per te morirà con te. Quello che fai per gli altri vivrà per sempre.
Sottoscrivo le parole di Ingmar Bergman:
“Vivo sempre nel mio sogno e, ogni tanto, faccio visita alla realtà”
Federico Zeri diceva che in Italia si può apparire solo in veste di cretini per destare attenzione. Si riferiva ai tempi in cui andava in televisione travestito da arabo o da bambino con la cuffietta. Zeri è stato forse il più grande critico italiano del dopoguerra e la sapeva lunga in fatto di arte ed attenzione alla sacralità della stessa. In un certo senso aveva colto, con largo anticipo, la degenerazione culturale contemporanea.
I libri, pur necessari, non parlano da soli.
La Bellezza del Sé superiore si specchia nell'Individualità presente-assente ed inattuale perché fuori dal tempo.
“Le lacrime sono il ghiaccio dell’anima che si scioglie”
(H.Hesse)
“Tante sono le malattie,
una sola la salute”
(Osho)
“Muori senza morire...
e vivrai per sempre”
(Lao Tze)
“Cogliete l’emozione
in un mio errore”
(Rudolf Nureyev)
Sant’Agostino sosteneva di sapere cosa fosse il tempo quando nessuno glielo chiedeva. Alla domanda diretta non sapeva, poi, cosa rispondere. Era un razionale, questo grande filosofo e dottore della Chiesa. Il tempo per me è un vedere le cose che purtroppo cambiano e non tornano. Il tempo per me sono gli addii, le opportunità perdute. Il tempo per me è l’unica possibilità che ho di realizzare le Cose.
“Le cose non sono mai come uno spera o come uno teme”
(Marcel Proust)
Sì, purtroppo.
Sono convinto che il Dolore sia la sorpresa di non conoscerci. Purtroppo.
Quando vedo gli scempi edilizi del dopoguerra che hanno costretto a far convivere il vecchio con il nuovo, il casermone popolare in cartongesso a fianco del monumento o del palazzo neoclassico in travertino, sono pervaso da un vago senso di violenza urbana a scopo conservativo. Penso alle ruspe coatte, ai magistrati d’assalto, alle denunce in procura, ad una commissione Unesco d’inchiesta atta ad identificare gli sciagurati architetti responsabili delle diaboliche perversioni edilizie. L’Italia è il paese degli ori e degli orrori che convivono nello stesso posto. Mi rincuorano invece le armonie monocrome di Gubbio, Assisi, San Leo, la dignità estetica di Monteriggioni, i silenzi assoluti di San Galgano e Montesiepi, la dolcezza di Brisighella o Sant’Agata Feltria. Le forme architettoniche sono il nostro primo approccio estetico con la forma. La prima arte che incontriamo fuori della porta di casa è questa. Come può crescere un bambino, cosa potrà pensare da adulto, se costretto all’orrore quotidiano della sua città? Il brutto è mancanza di grazia che ci fa vivere male. E chi vive male pensa ed opera male. Ecco una delle probabili radici del bullismo giovanile o degli atti quotidiani di violenza gratuita ed immotivata.
Se il detto valeva per la menzogna, deve valere, per simmetria logica, anche per il suo contrario.
Sono convinto che in merito all’Ultima Cena di Leonardo ed alla saga dei vari codici e codicilli si siano dette e scritte un mucchio di panzane. Non so perché, ma credo che le cose siano molto più semplici e verosimili. Certo, insegnamenti esoterici sicuramente Leonardo ne conosceva. Ma vedere tutti quei simboli in quell’opera, francamente mi pare eccessivo. Fosse vivo il grande Zeri, direbbe senz’altro la sua, eccome, su tali baggianate. Come identificare persino la “V”, simbolo dell’organo genitale femminile, fra il Cristo e la presunta Maddalena. È davvero troppo.
Coltivo un ricordo molto particolare del professor Ermelito Morterra, docente emerito alla Sorbona di Parigi, l'antica università fondata nel 1253. Spesso mi ritornano alla mente le feste nella sua casa-museo di Trieste, le collezioni di cartoline francesi, le raccolte di francobolli rari ed i tappi che saltavano dalle bottiglie di champagne che il maggiordomo apriva in continuazione. Il professore nutriva una venerazione profonda per Jacques Prévert e le sue nostalgie d'amore. Una sera gli lessi questa poesia, forse la più bella: 'La vita è una ciliegia. La morte il suo nocciolo. E l'amore un ciliegio'. Con parole semplici, il poeta aveva saputo cogliere un raggio infinito di Sapienza. Ed in quel momento, lo sguardo di Morterra divenne lucido come non mai.
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Il capolavoro è un’opera d’intelligenza, sentimento e capacità tecnica in grado di comunicare il suo contenuto a tutti i piani di coscienza, da quello fisico a quello spirituale. Il capolavoro si colloca aldilà del tempo e dello spazio e, in questo senso, possiamo dire ch’esso è infinitamente contemporaneo. Tuttavia, l’interpretazione dei dettagli, delle scelte stilistiche e delle peculiarità psicologiche dei personaggi, richiede la capacità di collegarsi intuitivamente e con l’ausilio della documentazione adeguata all’epoca in cui l’opera è stata concepita. La Gioconda di Leonardo era ritenuta sensuale ed ammiccante nel suo tempo. Oggi noi la guardiamo con occhi diversi e ci appare discreta, quasi pudìca. L’estetica si muove con il tempo e con esso cambiano le concezioni di bello formale. La donna rinascimentale non corrisponde al paradigma ideale moderno, più orientato verso una donna androgina. Ma ciò che non cambia nei secoli è il valore etico, il Sentimento umano, la religiosità di un’opera.
Credo che molti artisti abbiano scelto di morire per qualcosa piuttosto che vivere per niente.
Anche chi legge troppo, però. La vita, per viverla, va studiata, contemplata ma anche vissuta, allo stesso tempo, nella realtà. Non credo alle astratte vite di carta dei topi da biblioteca o delle teste d’uovo. In medio stat virtus.
La terra gira eppure noi non la sentiamo muoversi. Chissà quante altre cose sfuggono alla nostra percezione. Credo sia un errore fidarsi solo delle orecchie e degli occhi.
Il presidente emerito Cossiga sosteneva che siamo un paese comunque di provinciali. Ma che significato ha questo termine? Provinciale è letteralmente colui legato troppo morbosamente al proprio campanile, al punto da considerare barbari coloro che non abitano quel territorio. Il suo contrario potrebbe essere il modello cosmopolita. Cossiga probabilmente si riferiva a quell’Italia mammona e piagnona che non perde l’occasione per imporchettare ogni solennità politica, culturale o sociale trasformandola in una sagra a tarallucci e vino, con i piedi sopra le sedie a fine serata. Indubbiamente questo siamo, non esclusivamente, ma ANCHE noi. Ed è curiosa la doppia velocità cui corre la nostra società. Da una parte grandi intellettuali, medici, industriali, artisti, santi e navigatori. Dall’altra figure e figuri specchio di un costume becero e meschino che arraffa il portafoglio alla minima distrazione, lancia i rifiuti dal balcone dopo averli incendiati (come ho visto spesso fare in certi quartieri delle nostre metropoli) e non ti fa mai attraversare sulle strisce pedonali. E via sragionando. Tutte cose che, assommate fra loro, ci procurano grasse risate all’estero e ci fanno essere un paese minore. Ma coraggio. Non perdiamo la speranza di poter riformare, ognuno di noi italiani, le anestetizzate coscienze adagiate su ciò che noi chiamiamo benessere. Forse è l’assenza di umanità prima e di cultura poi a trasformare un uomo in un poveraccio che vive alla poveraccia. Il denaro può renderlo luccicante, certo. Come l’asino bardato con coperte dorate che partiva per le crociate trasportando le vivande sulla schiena. Con tutto il rispetto per gli inconsapevoli asini, s’intende.
Credo che Carmelo Bene sia stato uno dei più grandi intellettuali del dopoguerra. Innovativo, umorale, vaticinatore di un tempo della vita che puntualmente si è avverato nella verifica a posteriori. È stato un grande rivoluzionario, nel senso ideale del termine. A volte è necessario sterzare bruscamente per invertire una tendenza, uno status radicato nel costume. Penso a lui come un detonatore di coscienza, un raffinatissimo intellettuale senza lo snobismo del termine.
“Noi siamo quel che ancora ci manca, da per sempre”,
disse Bene in un suo monologo su tutto il nulla. Ecco una straordinaria sintesi filosofica e forse teologica della condizione umana.
“Felicità, felicità maniaca…”
(Carmelo Bene)
Riconosco che spesso i critici d’arte adottano una sorta di neuro-linguaggio. Che il cielo aiuti i visitatori e gli uditori dei vernissage.
“Voleva accadere”
(Marco Aurelio)
“Siamo quel che non siamo
nel quaggiù fortuito,
quotidiano, vitale”
(Carmelo Bene)
Spesso ci si sente ricchi di amore vuoto e poveri di Amore pieno.
L'intelligenza prelogica (che precede lo sviluppo della logica) è attribuibile ad un bambino di età compresa fra i 2 ed i 4 anni, ed anticipa la fase delle prime intuizioni elementari. Successivamente, l'apprendimento del linguaggio organizza le strutture del pensiero razionale che, in qualche modo, limitano la naturale espansione della nostra Coscienza pura. Le forme-pensiero create dalla mente ci fanno essere ciò che non siamo realmente nel profondo, in una sorta di coazione autoindotta oppure imposta. Molti pensano che la dimensione prelogica (o percezione 'magica' ) appartenga solo al bambino, agli uomini non civilizzati o agli individui affetti da alienazione mentale. Personalmente, non sono di questo avviso. Credo che questa percezione, sia sempre presente in forma diciamo 'atrofizzata' nella grande dimensione del sentire e non ci abbandoni mai. Riconoscerne la presenza nell'apparente assenza, potrebbe farci scoprire una vita diversa, più autentica, ed orizzonti inaspettati ai confini della Verità.
E se la Verità stesse nel sentire e non nel capire?
La malinconia è la serenità della tristezza.
Chissà che rapporto ha Dio con se stesso, nel suo super attico fra le nuvole con vista sul Mondo.
La flessibilità vince sulla durezza, dicevano gli antichi cinesi.
Le parole hanno una Vita segreta che spesso ci sfugge…
Si fanno tante cose nella vita e per la vita che, semplicemente, corre. A volte ho la sensazione ch'essa
sia da tutt’altra parte.
Ogni umana energia è tanto più forte quanto più è ricettivo colui che la riceve. A molte persone comunichiamo un mondo, ad altre un bel nulla. E ci sarà pure una ragione di questo. Persino con le opere d’arte è così. Ci sono persone che hanno il coraggio di rimanere indifferenti davanti alla Gioconda o all’ascolto del Requiem di Mozart. Questione di frequenze, di aperture e di chiusure.
La cosa più difficile è fare i conti con la religione senza un dio immaginato in una dimensione antropocentrica, il vecchio con la barba che vola col dito alzato, insomma. In questo caso la definirei sentimento religioso o religiosità che tutti noi possediamo per dono di Natura. È la ricerca più complessa perché non prevede parametri che non siano i propri, nella complementarietà mente – cuore. Dio in noi, insomma. O noi come Dio.
Il FIORE perfetto è una cosa rara. Se si trascorresse una vita a cercarne uno, non sarebbe una vita sprecata, disse il capo dei Samurai.
“Quando si vede
non si immagina più”
(Confucio)
“Possibile è il domani che,
così differito, non esiste”
(Carmelo Bene)
“Se cavalcassimo la luce saremmo immortali…”
(Einstein)
"Scrivo per sapere cosa penso"
(Luigi Malerba)
"Meglio morire per qualcosa
che vivere per niente"
(Rambo)
"Sono un mistero
anche per me stesso"
(Padre Pio)
A chi lo dice...
"L’IO è la malattia mentale dell’uomo"
(Lacan)
"Si diventa quello che si è…"
(Nietzsche)
La Verità è sempre un’affermazione non falsificabile.
Una volta ho sentito dire da un critico: “Trattasi di istanza transrazionale!” Gelo in sala. Allora io mi chiedo: poiché tutto ciò che è reale è razionale, secondo il dettato di Hegel, non faceva prima a dire “è una pittura fuori dalla realtà?”
"Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto. Essere contento senza motivo, essere sempre occupato con qualche cosa, pretendere
con ogni sua forza
quello che desidera"
(Paulo Coelho)
"Voglio una vita
come la mia"
(Marco Santagata, scrittore di Zocca)
Condivido pienamente.
"Et si omnes, ego non"
(dal latino: "anche se tutti, io no"
- frase attribuita a San Pietro)
"Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente"
(Kurt Cobain)
"Ricorda... qualsiasi cosa vuoi che gli altri siano, devi prima esserla tu stesso... vedrai che gli altri risponderanno nella stessa maniera"
(Paramhansa Yogananda)
”Il matto può essere caduto al di sotto della mente, il mistico può essere andato aldilà, ma una cosa li accomuna: entrambi non sono nella mente... non lasciatevi mai sfuggire l'ignoto... sceglietelo sempre e seguitelo. Anche se vi farà soffrire, ne vale la pena, ne sarete sempre ricompensati. Ne uscirete sempre più cresciuti,
maturi, intelligenti”
(Paramhansa Yogananda)
pensieri
nel tempo
dal mio cuore
ai cuori
Il mondo si divide in due parti. Quelli che lo dividono in due parti e quelli che, sapientemente, non lo fanno.
Sono davvero convinto che, non dico la felicità, ma perlomeno la serenità, consista nel desiderare le cose che si hanno.
Quello che l'occhio vede e l'orecchio sente... la Mente crede...
L’età non è una questione di tempo, pare. Picasso sosteneva, con un curioso ossimoro, di ringiovanire invecchiando. Non male, il maestro. E le donne gli davano pure ragione.
Se l’acqua fresca è l’intelligenza, il pensiero è il suo ghiaccio.
Mi par di capire che sia il Vuoto a determinare il Pieno. Ottima considerazione di sostegno per gli stati paranoici e depressivi.
Ogni abitudine diviene sempre una brutta abitudine.
Non prendiamocela poi molto con coloro che ci sembrano superficiali, frivoli e non proferiscono mai parola. Esiste anche la leggerezza pensosa, come diceva Pavese. In filosofia la chiameremmo ombra socratica…
Nella vita contano i momenti, non i minuti.
Una sola cipolla contiene in sé le lacrime di cento amori finiti male.
Vivere la morte. E’ la strada per conferire un senso alla vita.
Chi illumina la città non vede l’ora che venga buio…
Dicono che prima di morire ti passa tutta la vita davanti agli occhi. Se è per questo, a me passa davanti tutti i giorni e sono ancora qui.
Con la cultura si fa poco. Senza la cultura non si fa niente.
Meglio il sole contro gli occhi che la luna di traverso.
Un'elegante riflessione per definire che alcuni, senza gli altri, non sono in grado né di vivere né di morire. Con buona pace di Socrate ed il suo Nosce te ipsum...
“Gli zeri devono tenersi sempre sulla destra se vogliono contare qualcosa”
(Johannes Rau)
Abbiamo superato il 21 dicembre 2012, una data in cui molti hanno creduto che il mondo finisse sul serio. Ora che siamo usciti dall’equivoco del negativo – ben sostenuto dalla rete imperfetta di internet – ci attendono finalmente nuovi appuntamenti con il reale e con il Vero mentre beviamo un bicchiere di sole in santa pace.
‘La paura mangia l’anima’ è il titolo di un film del 1974 di Fassbinder. Non è solamente un semplice titolo ma, credo, anche una verità.
I neuroni specchio, forse la più grande scoperta delle neuroscienze, sono una particolare classe di neuroni che ci consente, attraverso un naturale processo imitativo, di comprendere le azioni degli altri. Essi costituiscono un sistema molto complesso del nostro cervello e sono la chiave per conoscere l’evoluzione della nostra specie sia nel linguaggio che nell’intelligenza organizzata. I neuroni specchio ci permettono di entrare dentro la scena di un film e di sentirci coinvolti nelle emozioni dell’umanità con cui ci confrontiamo. L’utilizzo estremo e scriteriato, purtroppo, ci fa precipitare in sistemi di credenze che nulla hanno a che fare con la nostra individualità più autentica, che vorrebbe sviluppare e costruire un percorso proprio, fuori dal sospetto di qualsivoglia condizionamento imposto. Questo spiega come nella rete informatica prendono corpo e si amplificano le panzane contemporanee. Sono le nuove invasioni barbariche.
Il modo con cui guardiamo il mondo crea il mondo che noi guardiamo.
I cinesi sostengono che le parole nascondono le Cose.
Spesso si evocano i buoni sentimenti dei morti per farsi belli con gli altri e fingere di essere vivi.
L’amaro calice del disordine. Mettiamo le Cose a posto, ed esse metteranno a posto noi.
Nell'appercezione dell'infinito, l'Idea di Dio non si può pensare, immaginare o sperare. Si può solamente sentire attraverso l'Intuizione intelligenziale.
E’ stato dimostrato dal fisico Alain Aspect che gli elettroni sono in costante comunicazione fra loro indipendentemente dalla distanza. Ognuno di essi è informato della condizione degli altri. Una geometria perfetta che conduce vibrazioni, impulsi elettromagnetici ed unisce microcosmo con macrocosmo, nella totale assenza di separazione. Questo spiegherebbe l’evoluzione parallela delle specie viventi in aree terrestri non collegate.
La parola ‘farmacologia’ presenta un’etimologia curiosa, anzi inquietante. In greco pharmakon significa ‘veleno’ e logos significa ‘discorso'. La scienza medica moderna, con la complicità delle multinazionali farmaceutiche, tende ad eliminare le tossine nel sangue – che sono di già di per sé dei veleni – con un altro veleno i cui effetti collaterali non sono conosciuti totalmente. Il principio dovrebbe essere che chiodo scaccia chiodo. Peccato che un chiodo, per logica, poi rimanga conficcato chissà dove. Questo solleciterà poi una nuova indagine per comprendere il chissà come.
Ogni volta che impariamo a modificare i nostri atteggiamenti, tutto l'insieme in qualche modo ne beneficia come in un sistema olografico.
”Il Tutto è maggiore della somma delle sue parti”
(Aristotele)
”Un insetto, un fiore sono più complessi di una stella
che è la materia prima
della vita sulla terra…”
(Margherita Hack)
”Il bosone (una sorta di ‘catalogo’ della materia che comprende gli ingredienti fondamentali dell’universo)
è Dio e l’atomo di idrogeno
pare sia immortale…”
(Margherita Hack)
”A parità di fattori, la spiegazione più semplice
è da preferire”
(Guglielmo di Occam)
"Sapere non basta"
(dal film Matrix)
"Medico è colui che introduce sostanze che non conosce in un organismo che conosce ancora meno"
(Victor Hugo)
"Se le porte della percezione fossero spalancate, ogni cosa apparirebbe all’uomo come realmente è: infinita…"
(William Blake)
“Uno per me è diecimila
se è il migliore”