ROBERTO COMELLI E LA SCOMPOSIZIONE VISIVA
Tesi per uno sguardo nuovo
PREMESSA
Roberto Comelli è stato definito dalla critica più attenta il pittore del colore in movimento per quella sua maniera di dipingere con un’intensità diremmo espressionistica, gli scenari naturalistici al punto da renderli vivi, vivissimi, nell’autentica esaltazione del continuo miracolo della natura. Egli è dunque un pittore contemporaneo che però, della sua epoca, non sposa la provocazione o la costruzione pseudo-artistica, bensì l’aspetto più alto ed edificante, quello appunto della pittura ‘dipinta’, vera, frutto di un’intuizione mentale che sa tradursi non in una astratta mistificazione ma in un lavoro di stesura cromatica compiuto e definito nella lettura. In generale, il confronto di un pittore con la sua tela pone il problema di un rapporto con la bidimensionalità del supporto che sostiene il soggetto rappresentato. La ricerca della terza dimensione, ovvero della profondità del campo visivo, è la vera sfida di un artista che vuole rendere la sua opera una sorta di mondo parallelo che comunica continuamente il movimento, la vita del colore e non la staticità cristallizzata di un qualcosa che fu nel ricordo trapassato dell’autore. Comelli ricerca la soluzione a questo con una pittura ispessita, materica, continuamente mossa da impeti interiori e sentimenti di meraviglia nella contemplazione di una natura immensa, stupefacente che travolge e coinvolge nel vortice di una gioia incommensurabile quando splende sotto il sole assoluto. Ed ogni aspetto della Grande Madre interessa questo artista curioso ed entusiasta. Profili di montagne, mari agitatissimi, concerti primaverili di fiori, roseti, piante selvatiche e quant’altro la sua fantasia voglia rappresentare nello stupore. I suoi campi di papaveri, per citare un esempio nello specifico, dipinti su grande formato, ci restituiscono il tremolio leggero dei petali mossi da un riguardoso vento di maggio che, quasi con pudore, ne rispetta la fragilità. E qui il colore cangiante prima e fondente poi davvero si sposta, si muove nello spazio di un campo che poi all’orizzonte diverrà, per effetto del gradiente atmosferico, via via più sfumato fino a correre verso l’infinito. Le suggestive agitazioni pittoriche di Comelli sono dunque quella cifra stilistica che determina in lui la marcata peculiarità di straordinario e versatile colorista aperto alle evoluzioni del suo sentire che si proietta e rappresenta in una pittura forte, accesa e dinamica, unitamente alla capacità di comporre e scomporre la scena naturalistica. Nel suo mondo tutto viene concepito in perenne movimento. La forma si scioglie sotto il sole ed i raggi di luna, come nel giorno della Creazione divina, ed ogni cosa pare trasportata da un vento metafisico verso la propria misteriosa destinazione.
ESTETICA E LINGUAGGI
Ma lo spirito creativo di Comelli, volto all’indagine ed alla ricerca dell’elemento innovativo, non prevede punti di arrivo, ma traguardi da conquistare e superare. E dopo la conquista dell’attimo pieno di luce e vita, l’artista volge il suo sguardo verso una dimensione nuova, realistica, una nuova concezione di interpretare e proporre l’arte che si colloca un gradino più in là della dissimulazione illusoria: la scomposizione visiva. Un’idea, quest’ultima, che scaturisce da una volontà di sperimentare e percorrere sentieri alternativi per una pittura che deve non replicare il già visto ma proporsi come linguaggio sempre vivo e possibilmente inedito che segue il tempo, secondo un teorema proprio dell’Estetica che vuole questa muoversi ed evolversi con i periodi storici. La lingua parlata, che è lo strumento comunicativo più immediato, né è l’esempio conclamato. Nessuno di noi oggi parla la lingua del seicento o compone versi alla maniera del trecento. Così come nell’arte, uno scultore o un pittore che realizzasse un’opera con stilemi rinascimentali, ove non espressamente dichiarato ai fini post-manieristici, apparirebbe anacronistico e fuori luogo. E, se già le differenze si denotano da un decennio all’altro, figurarsi coi secoli. I linguaggi non vogliono morire ancorati inesorabilmente al passato e dunque si aggiornano, si arricchiscono, abbandonano forme arcaiche e divengono, nell’insieme, lo specchio di quella determinata civiltà in un dato periodo. Essi sono un abito da indossare, un programma collettivo di formazione umana che lascerà o meno una traccia e un’influenza nelle generazioni a venire. La nostra epoca, nella rivoluzione informatica figlia di un crescente progresso tecnologico, è caratterizzata dalle comunicazioni, dai collegamenti interattivi tra le attività umanistiche e scientifiche. Mai come ora arte, scienza, filosofia e religioni, ovviamente a certi livelli d’intesa intellettualistica, paiono dialogare e giungere alle medesime conclusioni nonostante le divisioni geopolitiche. L’estetica contemporanea, nello specifico, vive questo gioco di interazioni al punto da proporsi come un compendio fra le varie tendenze derivanti dalle arti figurative e plastiche, dalla moda come dal mondo della televisione o del cinema. Per cui, spesso, una modalità espressiva non ha una connotazione autoctona ben precisa ma è, piuttosto, la risultante di vari incroci ed influenze trasversali. L’antesignano di questo processo fu, in tempi recenti – anche se nella nostra prospettiva postmoderna appaiono lontanissimi – l’immaginifico e temerario Andy Warhol che nelle sue composizioni policrome prese a prestito, per usare un eufemismo, personaggi del cinema, della politica (quali Marilyn o Jacqueline) o prodotti commerciali della pubblicità di massa, quali bibite, scatole di minestra (celebre la Campbell’s tomato soup) oppure detersivi. Tutto faceva brodo e spettacolo, a quel tempo. E lo stupore di ciò che usciva dalla sua ‘Factory’ fu senza dubbio notevole. La nascita di quest’arte ‘industriale’ avrebbe condizionato per sempre il cammino dell’espressione artistica e nulla sarebbe stato più come prima.
L'INNOVAZIONE VISIVA
La scomposizione visiva è l’autentica rivoluzione nell’indagine di questo artista che non si contenta e che crede nel summenzionato divenire dell’estetica delle arti. Il consenso può essere conquista facile se deriva da una pittura facile, magari d’effetto, ma scontata, superata. Comelli ne è consapevole e guarda avanti. Pensa al valore delle Cose d’arte che è tale quando coinvolge, suscita entusiasmo, passione. Probabilmente pensa al cinema, al fascino delle figure in movimento disegnate dalla luce, all’effetto tridimensionale del nuovo cinema tecnologico che rende protagonisti gli spettatori che vengono tirati dentro la scena nell’illusione ottica derivante da occhiali particolari che vengono indossati. Gli attori, gli sfondi sono degli ologrammi di luce che ingannano la percezione e sfidano i sensi nella disputa tra realtà e illusione stessa. Pensa alla pittura d’azione, l’action painting, all’artista che dipinge con tutto se stesso, con ogni mezzo e ad ogni costo, sopra la tela, dentro la tela fino quasi ad immedesimarsi e confondersi con essa. Pensa ai murales metropolitani dei geniali ragazzotti disobbedienti, a quegli effetti dimensionali che fanno fuoriuscire le scritte titaniche, i grafemi, i mostri colorati che corrono sopra le pareti di cemento grigio come quel disagio sociale che sono costretti a vivere. Sicuramente Comelli avrà rimuginato su tutto questo. È imperativo cogliere i segnali, i fermenti, le direzioni di un’epoca seppur controversa e caotica come la nostra. Perché non scomporre e poi sovrapporre, dunque? Perché non tracciare una strada nuova nella concezione del vedere in pittura? L’idea prevede la suddivisione di una scena o uno scorcio in tre parti, ognuna della quali riproduce circa un terzo della composizione totale. Naturalmente ogni singola parte, nella sua incompletezza formale, anzi informale, appare illeggibile, rarefatta. Ma è comunque una porzione importante, essenziale, finalizzata al risultato ultimo. A questo punto il problema è prettamente tecnico e riguarda la materia del supporto da impiegare per la realizzazione. L’artista opta per il plexiglas, da sempre materiale d’eccellenza per le installazioni, grazie alle sue caratteristiche di trasparenza e resistenza. A quel primo strato viene sovrapposto il secondo e poi il terzo. La figurazione così ottenuta per sommatoria, ovvero con la coincidenza delle singole parti, si completa e nella visione frontale è riconoscibile il soggetto rappresentato con un particolare effetto di profondità che si accentua man mano che ci sia avvicina al centro dell’opera. Però, se ci spostiamo dall’asse frontale verso una direzione angolare destra o sinistra, ci accorgiamo che, a seconda del punto di vista prescelto, ognuno ha la facoltà di scegliere la sua visione preferita e costruirsi mentalmente la sua opera, aldilà delle intenzioni di colui che l’ha concepita. Vi è il coinvolgimento, la libera interpretazione, in una parola l’azione non tanto del pittore quanto del fruitore che vive una sorta di situazione visiva ‘ad personam’, frutto della sua personalissima scelta di percezione. Si realizza così la collaborazione interattiva tra pittore e spettatore. Quest’ultimo ha la straordinaria possibilità di intervenire e modificare di continuo il soggetto del dipinto tridimensionale e, con esso, la propria opinione. L’opera si anima, si sposta con una velocità direttamente proporzionale a quella di chi guarda che così non subisce più passivamente il verbo enunciato dall’artista-vate spesso non compreso ma interviene, vive con lui la scena e magari polemizza sul contenuto. La novità sta dunque in due parole chiave: movimento e coinvolgimento.
CONCLUSIONI
Comelli giunge ad un punto importante del suo percorso artistico. In lui sono profondamente radicate convinzioni fondamentali in materia di estetica artistica legate ai concetti di stile – che è poi l’autentico luogo ove l’arte attraverso la forma si manifesta come tale – e innovazione, nel senso di espressione di un qualcosa che ci faccia scoprire un aspetto inedito della percezione del mondo, un’interpretazione dello stesso che derivi dalla felice coniugazione delle ragioni dell’intelletto con quelle più sottili del cuore. Comelli ha saputo tesaurizzare le esperienze trascorse dall’impressione all’espressione e, soprattutto, ha sempre coltivato una sorta di curiosità diremmo ‘centrifuga’ verso le infinite possibilità che la tecnica pittorica consente con i suoi effetti tonali, le studiate nuance, le campiture dinamiche ed i vitali, intensissimi ispessimenti cromatici, senza trascurare le ragioni dello sguardo che vuole spingersi sempre più in là, esplorare nuove dimensioni e confrontarsi con prospettive più ardite. Lo sguardo è incontinente, vive una propria insaziabile metafisica ed è sempre spinto verso una perenne ricerca. Esso, pur derivando dal corpo, rappresenta l’emanazione più diretta ed immediata dei movimenti dell’anima e dell’animus, inteso come condizione, stato interiore e manifestazione del carattere. Fellini sosteneva che nulla si sa con certezza ma tutto si può immaginare. Ecco, per Comelli immaginare è un po’ sognare, e poi ancora inventare nuovi mondi, nuove dimensioni dove librarsi in quel volo libero e senza fine che solo l’Arte, perenne grido della vita, consente.
Giancarlo Bonomo