“Viaggio nell’Immaginario tra scultura e pittura a Venezia”
Scoletta San Zaccaria 2-15 luglio 2007
Quando si pensa a Venezia è naturale evocare, per associazione spontanea, la città all’Immaginario, inteso come virtuale luogo del pensiero che contiene in sé quell’insieme di modelli, fantasie e sogni – la “città gingillo” di Guy de Maupassant o le nostalgie musicali wagneriane legate al mito di Tristan und Isolde – che coincide con questa città ricca di opere certamente universali, quali la Pala d’oro o i cavalli bronzei di Costantinopoli in San Marco e, in generale, di una miriade di piccole meraviglie che la rendono assoluta e paradigmatica. Una città, a sua volta, all’interno di un mondo, quello veneto. Parlare di mondo, riferendosi a questo luogo d’Italia è quanto mai opportuno proprio per identificare una realtà che ha costituito un pianeta di riferimento nella costellazione rinascimentale e post-rinascimentale tanto da assurgere al ruolo di Scuola intesa in senso pittorico. Questa precisazione è d’obbligo perché storicamente con questo termine ed altri affini ( quali scola, scoletta ) s’intendevano dei luoghi - vuoi palazzi o chiese riccamente decorate - spesso in prossimità dei campi che riunivano corporazioni di mestieri o confraternite di devoti a scopo assistenziale ch’ebbero notevole importanza nella vita sociale, tanto che nel 1501 se ne enumeravano, secondo un documento dell’epoca, oltre duecento di cui alcune tuttora attive. In senso pittorico, la scuola veneta con le suggestioni cromatiche multiple legate ad una pittura liquida ed immediata, quasi ‘en plein air’, senza disegno preparatorio ( specie nell’ultimo Tiziano ), si contrapponeva al rigore di quella toscana sposata invece a quella maniera assolutamente accademica che vedeva nel disegno, padre delle arti secondo il dettato vasariano, il punto di partenza per ogni eccellente realizzazione non solo in pittura ma anche in scultura oltre che architettura. Il primato veneto di grande scuola italiana – che identificò nelle stelle di Giovanni Bellini prima, Tiziano e Giorgione poi, il momento più alto della sua parabola – vide la positiva contaminazione ( fino ad una evidente influenza ) di quella pittura lombarda che avrebbe generato alla fine del ‘500 il genio senza pari di Caravaggio. L’indagine chiaroscurale e psicologica di quest’ultimo trae le sue origini proprio da quelle ricerche diremmo “crepuscolari” di quei veneti che diedero precipua centralità a quegli effetti luministici di cui sicuramente il Caravaggio – tramite Savoldo e Moretto da Brescia, naturali interpreti in area lombarda – doveva aver tenuto buon conto. Nel settecento, Venezia, perduti i fulgori del passato, continua tuttavia a dare bella mostra di sé quale regina decadente. La crisi della Serenissima traspare nelle vedute pacate di quella pittura d’atmosfera, quasi scenografica di Francesco Guardi, Canaletto e suo nipote Bernardo Bellotto che fermarono attimi di una città oramai al tramonto della sua gloria. E qui le immagini di piazze sonnolente, chiese, scorci e onde leggere si mescolano al chiacchiericcio dei mercanti, dei notabili o della gente comune perduta fra calli e canali. In tempi moderni, per l’arte del mondo Venezia è soprattutto La Biennale, l’appuntamento che ogni due anni la consacra vetrina internazionale delle nuove tendenze e che, dalla prima edizione del 1895 ai Giardini del Castello ad oggi, ha visto sfilare i fenomeni più significativi di oltre un secolo di avanguardie, dal neocubismo all’informale, dall’arte cinetica fino a quella pop art americana che, nella felice commistione con il sistema pubblicitario di massa della coazione a ripetere di un’immagine o un prodotto, avrebbe rivoluzionato il gusto visivo dell’epoca psichedelica. Parlare di Immaginario – e mi piace scriverlo con la “i” maiuscola – riferendosi a Venezia significa rievocare i fasti di un passato artistico, politico ed economico. Senza contare la magia che questo nome evoca nel mondo a tutti, ovunque, sempre. Oggi Venezia è la rassegna del grande cinema, del teatro d’autore, dei concerti all’aperto del Florian che l’hanno consegnata al mito eterno. Mille anni di grande vita sospesa nell’acqua che vive il paradosso di non appartenere a nessuno proprio perché appartenente a quell’umanità intera di cui è patrimonio indiscusso. Questo grande Immaginario contiene i sogni, le fantasie, le infinite e pregiate bellezze scampate alla violenza del traffico e degli assembramenti selvaggi di automobili davanti ai monumenti ed alle architetture più fragili. Certo, il grido ‘salviamo Venezia dal declino’ è sempre alto, ma non possiamo trascurare che almeno la città è stata risparmiata per decenni dai fumi del traffico che martirizza e devasta, viceversa, gli altri centri storici scavati nel cuore da mostruosi parcheggi sotterranei autorizzati da rapaci amministrazioni locali. La città a dimensione umana preservata da orridi cartelli stradali e arredi urbani in plexiglas, ci fa sentire protagonisti in uno spazio immutato e senza tempo. Come l’avevano vista i poeti, gli artisti. Così, non solo gli innamorati incontrano ancora la poesia di una Venezia onirica, letteraria ( “i giorni sono passati ma la bellezza è rimasta” scriveva lord Byron dall’hotel Gran Bretagna sul Canal Grande ) ma ogni visitatore si può ritagliare a misura la propria dimensione e godersela in una totale sospensione temporale. Questo non significa non vedere e non sentire i malanni delle città. Significa semplicemente trarre profitto da ciò che in maniera chiara ed incontrovertibile ci fa sentire orgogliosamente custodi di un patrimonio che non possiamo non riconoscere nella magnificenza estetica. Da queste premesse, il titolo “Viaggio nell’Immaginario…….” è dunque quanto di più appropriato per questa rassegna di scultura e pittura che si ripropone di indicare un filo conduttore, in questo caso vastissimo, ai tanti artisti partecipanti. A voler evocare suggestioni, la scelta del “complesso” d’arte e spiritualità di San Zaccaria ci restituisce l’idea di un’ambientazione da sogno dentro un sogno come solo la città lagunare sa offrire. Ho citato il termine “complesso” a proposito, per sottolineare come in quest’oasi - che costituisce una felice deviazione dalla trafficatissima riva degli Schiavoni – con il toponimo San Zaccaria s’identifichi la chiesa, il convento, il campo e la scoletta, appunto. Nonché il pontile annesso. Il capolavoro di riferimento, fra altri capolavori di Tintoretto ed Andrea del Castagno, di questo luogo incantante per pace e solennità, si trova all’interno della chiesa monumentale. E’ la celebre Sacra Conversazione di Giovanni Bellini, un dipinto del 1505 ( firmato Ioannes Bellinus sul gradino del tronco ) che impone una sicura riflessione sopra la sacralità del dogma riferito con austero raccoglimento da un pensoso san Gerolamo con san Pietro e due sante, che fanno da cornice alla Vergine in trono con Bambino. In questo contesto di ricchezze artistiche, il monastero di San Zaccaria vantava un certo prestigio perché qui vi entravano le novizie delle grandi famiglie veneziane e, il giorno di Pasqua, il doge vi giungeva in visita ufficiale. Nella fattispecie, alla Scoletta , una piccola costruzione del 1458 edificata da Bertuccio di Giacomo, il piano superiore è oggi centro di cultura e spazio espositivo. L’ambientazione è dunque ottimale per questa nuova manifestazione che vuol aprire una porta in una città che, proprio perché appartiene a tutti, non deve essere irraggiungibile e preclusa a quegli artisti che vogliono dire o dare qualcosa in un panorama caotico, e per certi versi controverso, qual è il mondo dell’arte oggi. Con questa considerazione, credo di aver interpretato correttamente il pensiero degli organizzatori, aldilà di ogni valutazione critica che si potrà poi effettuare sulle opere esposte sia dal punto di vista iconografico che iconologico. I commenti semmai seguiranno durante la festa di apertura e nei giorni a venire. Di certo saranno in molti ad arrivare alla Scoletta e molti ancora ne parleranno. In fondo, sarà questo quello che conterà veramente in una terra di gloria e grandi tradizioni.
Un augurio mio personale all’amico Valentinuzzi ed al suo staff per l’impegno profuso nell’organizzazione di questa rassegna dell’Immaginario, affinché il sogno continui nel tempo senza tempo di Venezia.
Giancarlo Bonomo
Trieste/Venezia, aprile 2007