Piccoli
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PIETRO PICCOLI è il pittore della mediterraneità, di quel sistema compositivo che definiremmo italiano nel senso letterale del termine. Un sistema dove lo studio di forma, spazio, luce e colore rappresentano il centro dell’indagine iconografica al punto di costituire l’autentica cifra stilistica di questo pittore intenso ed umorale. Le cartoline dei paesaggi italiani presenti nel nostro immaginario sono le protagoniste degli spettacoli naturalistici ricreati con maestria e capacità espressiva. Ecco l’infinita ricchezza della Natura naturans con il fascino dei tramonti senza fine, i riverberi improvvisi del mare, la vita silente dei paesaggi lagunari. Ogni dettaglio paesistico accende la curiosità del pittore ed ha una propria dignità estetica. Le umili, umilissime barche dei pescatori, ad esempio. Un motivo tipico cui Piccoli conferisce importanza tanto da assegnarle un posto rilevante nella scena. Oppure le semplici architetture delle coloratissime case del mare, che paiono delle quinte teatrali in attesa di attori che però non saliranno sulla scena. Ecco, l’assenza dell’uomo, che Piccoli non rappresenta. L’uomo è altrove, perduto nelle faccende della vita contemporanea o impigliato nelle reti del suo destino. Egli non è indispensabile nel contesto perché nulla potrebbe aggiungere a questa pittura che appare già compiuta ed autosufficiente. Il religioso silenzio delle scene e della luce è di per sé eloquente, l’uomo con il suo incedere chiassoso sarebbe presenza ingombrante, forse fastidiosa. La poesia muta va preservata nella sua sentimentalità. Quando con Piccoli entriamo in laguna – in uno dei celebri e monumentali dipinti con questo soggetto suggestivo – la sensazione è profonda, assoluta, ed impone un atteggiamento quasi riverente. L’acqua ci appare vicinissima, ne siamo quasi a contatto, e come uno specchio riflette un mondo parallelo che pare svaporare dolcemente verso un misterioso indistinto. Sono i momenti più toccanti e, dal punto di vista tecnico, più spettacolari. Qui emerge la capacità dell’artista di mestiere, già allievo di quel Vincenzo Cecchini nel mitico studio sull’Appia Antica. Un artista che non solo sa creare situazioni paesistiche ma sa coinvolgerci e, nel caso, stupirci con quegli effetti di una pittura piena di vita e di pensieri legati ad una intensa dimensione contemplativa. Eppoi le nature non morte ma vivissime frapposte fra noi che guardiamo e gli sfondi in alcune particolari composizioni. Frutta, rami d’olivo, spighe di grano sono il trionfo di una gioia intrinseca che la natura contiene in sé non esprimibile a parole, che certamente può sfuggire all’uomo nella mancata consapevolezza della Bellezza del creato. I cieli assoluti, spesso delimitati da una marcata linea d’orizzonte, presentano situazioni atmosferiche complesse dai colori puri ma anche violenti, quasi minacciosi, simili a stati d’animo controversi o a perturbazioni emotive. È il Piccoli della grande indagine sul colore esaltato da quella silenziosa luce che ci rapisce con la sua malìa incantante. Un traguardo conquistato con la forza di un talento espressivo. Luci e situazioni cromatiche che dipingono a loro volta un cosmorama di riverberi e bagliori inattesi. Una lastra di metafisico cristallo, quasi quadro invisibile dentro un quadro visibile, si sovrappone a molte composizioni. È un altro effetto, una variante contemplativa probabile metafora dell’illusione, dell’apparenza del divenire manifesto. Questo e molto altro ancora è Piccoli, pittore tensivo e vitale. Dovessi individuare il suo segreto, forse lo troverei nell’incantesimo dell’insieme, in quella straordinaria capacità di essere immediato e comunicativo di questa nostra ‘italianità’ paesaggistica e sentimentale. E, soprattutto, lo troverei in quell’armonia assoluta delle composizioni dove ogni cosa è al suo posto come legata da un collante misterioso, figlio di quell’arte delle meraviglie. E, di questi tempi, non è poco. Davvero.
Giancarlo Bonomo
Trieste, febbraio 2008