
Michele Ugo Galliussi: la somma delle parti
La cosa più difficile per una persona di pensiero dotata di facoltà creative è collegare tutte le cose, ammettere la valenza di discipline diverse e riconoscerne la comune direzione, il senso di appartenenza ad un progetto comune che sta aldilà dell’umana cognizione. È questione di mentalità o, meglio, di forma mentis maturare tale capacità. Spesso gli artisti, pur nello sforzo di descrivere il mondo, rimangono chiusi nel recinto del proprio hortus per diffidenza, presunzione o cattiva disposizione verso le realtà che corrono parallele. Michele Ugo Galliussi, in questo contesto, è artista atipico, mitteleuropeo ed europeo per vocazione ma universale nel linguaggio, mentalmente libero da questi lacci e lacciuoli che costituiscono, evidentemente, un limite ad un’indagine attenta e propositiva. Per lui ogni cosa, ogni fenomeno culturale, sociale o di altra natura è degno di nota - la pari dignità, come scrive il nostro - per il semplice fatto di esistere e sussistere nella comune dimensione dello spazio e di quel tempo che segna inevitabilmente i sentieri dell’esperienza umana e delle sue infinite ragioni nel divenire. Tutto accende la curiosità di questo artista raro, colto ed impegnato. La storia non può prescindere dall’archeologia o dalla semiologia. Così come l’arte dalle vicende politiche di un determinato periodo. Nulla si può scollegare o disgiungere. Per questi motivi il progetto di Galliussi è ‘stratigrafico’, composto cioè da numerosi strati che vanno ponderati ed analizzati con lo sguardo di un geologo che esamina le sedimentazioni rocciose per risalire al tempo di oggi senza trascurare alcun dettaglio, alcun frammento che possa fornire una testimonianza fenomenica. Uno sguardo omnidirezionale che si traduce in percorsi interattivi, complementari di ricerca che si sostengono e potenziano a vicenda, uniti dal comune collante di un’inesauribile e vitale passione. La produzione pittorica di Galliussi si lega sicuramente alla storia contemporanea - ci piace ricordare, fra le numerose committenze di prestigio, il ciclo di affreschi commemorativi del tempio di Cargnacco, le vetrate della cappella alpina di san Giacomo Maggiore in Gemona e l’ambone ligneo del SS. Redentore di Udine - con quel carattere di sintesi ed immediatezza che costituisce la sua sigla artistica. Ovvero la straordinaria capacità di intercettare attimi e situazioni irripetibili, stati d’animo e contesti paesaggistici irrituali in presa diretta, intuitivamente, così come suggeriscono in quel momento le ragioni del cuore aldilà delle infrastrutture razionali meditate all’ultimo particolare. Quello che conta è l’insieme, il corpus che rispecchia quel frammento di vita autentica, quell’espressione del volto sentita e sofferta. E’ il Galliussi profondamente umano che si sente sempre alunno della vita, il Galliussi dei taccuini, degli appunti raccolti nei viaggi reali o, quelli ben più burrascosi, dell’animo dove la Coscienza ti attende al centro dell’incrocio della vita, fra le tante strade dei perché che qui convergono. Montale, in una celebre lirica, scriveva che l’uomo si aspetta sempre di trovare un filo da sbrogliare che possa condurre nel mezzo di una verità. Ebbene, l’esistenza è cosparsa da questi fili che sono codici, parole-simbolo o quei grafemi tracciati chissà quando dai visitatori sui muri dei templi che tanto affascinano il pittore e che testimoniano un passaggio, una presenza lontana e, forse, un significato occulto. Nel cantiere sempre aperto dell’Arte di questo pittore umanista, l’umanità stessa vuol ricondursi ad un Senso per allontanare la tentazione di abbandonarsi ad un horror vacui che sente al fianco come una falce minacciosa. Galliussi si mette in gioco in prima persona attraverso immagini forti ed incisive in cui ci riconosciamo per ‘semplice’ identità di pensiero. Ogni mondo è il suo mondo. Una grande lezione di unitarietà in tempi dove la vita reale che ci vuol divisi pare sfuggirci dalle mani. Grazie, professore.
Giancarlo Bonomo